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Agrivoltaico e sostenibilità: intervista a Francesco Palombo di Progetto verde

Dal 28 febbraio al 1 marzo si è tenuta a Rimini la fiera Key – The Energy Transition Expo, ci siamo stati per conoscere in maniera diretta le aziende e i progetti che fanno della sostenibilità ambientale il fulcro del proprio progresso. 

Visitando la fiera abbiamo conosciuto Francesco Palombo, agronomo che lavora per Progetto Verde, studio di progettazione di architettura del paesaggio con sede a Napoli, e gli abbiamo chiesto di illustrarci il loro progetto e di rispondere ad alcune curiosità sull’agrivoltaico. 

  • Che cos’è l’agrivoltaico?

Allora, l’agrivoltaico è il connubio tra produzione di energia pulita, quindi sostenibile, prodotta grazie l’utilizzo di pannelli fotovoltaici, e la produzione agricola, che può arrivare ovviamente da diverse colture. Quella che proponiamo noi qui è l’olivicoltura. Noi proponiamo oliveti superintensivi, e posso già dire che gli oliveti superintensivi spesso non vengono visti bene perché vengono considerati, già dalla parola, appunto, intensivi a livello super. Quindi molti li vanno a interpretare come qualcosa che possa prendere troppe risorse input dal territorio. In termini di risorse parliamo soprattutto di quella idrica, o di quello che può essere un’abbondanza di trattamenti che possono essere fatti a sostegno della coltura. Ma non è sempre così, soprattutto nel nostro caso non è vero.

  • L’agrivoltaico è quindi sostenibile?

Nel nostro caso noi cerchiamo di progettare un qualcosa che innanzitutto sia sostenibile. E la sostenibilità che vogliamo raggiungere non è solamente dal punto di vista ambientale, a cui teniamo particolarmente, ma anche dal punto di vista economico e sociale. E quindi cosa facciamo? Scegliamo colture come l’olivo, che è una delle colture che ha meno bisogno di acqua e cerchiamo di garantire poi una sostenibilità di reddito ed è per questo che ci porta a scegliere un impianto superintensivo. E una sostenibilità anche sociale perché la raccolta meccanizzata, è vero che può sembrare che apparentemente riduca posti di lavoro, ma in realtà i nuovi trend sono lì. Sono proprio i giovani ma anche le persone già del settore, anche in età avanzata, che si appassionano alla tecnologia e quindi a quella che può essere considerata una raccolta 4.0.

  • Cos’è un’agricoltura 4.0?

Un’agricoltura 4.0 è un’agricoltura che ci permette di bilanciare tutto ciò che serve a un impianto e se abbiamo un’agricoltura 4.0 reale e andiamo a rispettare, con anche l’aiuto di sensori, quelle che sono le necessità, in realtà ecco che non andiamo più a impattare sulle risorse di input, ma andiamo anzi a pesarle e a prendere solo ciò che è strettamente necessario. Per cui, abbiamo degli output di produzione che in realtà sono quantitativi elevati, di qualità. Perché la raccolta avviene sempre al momento giusto, grazie alla giusta sensoristica e a macchinari adeguati, diventando una raccolta di qualità. Nel nostro caso, la produzione è tutta già immessa in una filiera che è già stabile, che è quella di Olio Dante.

  • Cos’è una filiera? 

Per filiera si intende un concatenarsi di vari processi, varie persone coinvolte, anche qui c’è il discorso del sociale, persone coinvolte e posti di lavoro. Un territorio da anni abbandonato a causa di scarsa reperibilità di mano d’opera può essere valorizzato grazie a progetti di questo tipo che creano anche nuovi posti di lavoro. La mancanza di mano d’opera in questo settore è dovuta fondamentalmente a due cose: persone che non vogliono più lavorare nei campi e il cambiamento climatico. Spesso è l’assenza di un reddito minimo garantito per gli agricoltori ad allontanare le persone dal settore, mentre invece noi, con dei sistemi bilanciati, una produzione elettrica e una produzione agricola andiamo a garantire un elevato reddito.

  • Quindi l’agrivoltaico serve esclusivamente per produrre energia o serve anche per sostenere la produzione agricola? In che percentuale, secondo te, la produzione di energia collabora con quell’agricola?

Sì, ci sono diversi casi, perché l’agrivoltaico, come dicevo, è appunto questo connubio tra l’attività agricola e l’attività di produzione. Anzi, mi correggo, prima ho detto che si può scegliere una coltura, ma ci può essere anche dell’allevamento. Nel nostro caso noi facciamo olivicoltura insieme alla produzione energetica, ma se ci sono altri tipi di attività ci possono essere degli stabilimenti come una stalla, un ricovero,
e anche lì ci può essere dell’energia che viene rimessa nella stessa attività di produzione, nelle fasi di trasformazione ad esempio. Anche nell’olivicoltura, se si fa un progetto ad hoc, ci potrebbe essere un frantoio che viene alimentato con quell’energia.
Diciamo che però progetti di matrice agrivoltaica su grosse estensioni, come quelli che progettiamo noi, hanno soprattutto dei vantaggi per l’indipendenza energetica di un territorio. Quindi nel nostro caso è quasi tutta energia che andiamo a rimettere in rete, però è energia pulita. E l’Italia in questo momento ne ha un estremo bisogno, anche per evitare energia elettrica da combustione fossile.

  • Un’ultima domanda. Quindi, prima stavi parlando di sensoristica. È possibile quindi integrare dei sensori nei pannelli? Oppure parlavi di sensoristica perché comunque c’è una rete di sensori che monitora, per esempio, la qualità e l’umidità del terreno, la luminosità e l’orientamento delle piante?

Sì, allora, io mi riferivo esattamente più a questo. A dei sensori come delle stazioni, che possono essere meteorologiche, quindi, diciamo, un livello comunque di stazioni all’avanguardia, le più moderne del mercato. Però si può andare anche verso, invece, stazioni che vanno ad analizzare molti più parametri essendo più capillari, tra cui, appunto, ci può essere quello della qualità dell’aria che tiene conto anche di ciò che sta vivendo il terreno in quel momento. Altri aspetti molto interessanti possono essere quelli di sensori relativi al monitoraggio della fauna che frequenta questi impianti, con sensori di movimento, fototrappole, anche magari sensori che rilevano versi di animali.

L’ultima cosa che magari ci tengo a dire è che Progetto Verde si impegna moltissimo nella mitigazione dell’impatto paesaggistico, poiché anche l’occhio vuole la sua parte e anche l’amministrazione ci tiene a salvaguardare il paesaggio, che è da tutelare ed è tutelato  anche dalla Costituzione italiana. Progetto Verde cerca di prevedere una seria mitigazione, fasce di mitigazioni abbondanti, con piante idonee alle condizioni fitoclimatiche della zona, che possano eventualmente, perché no, dato l’abbondanza di ricerche scientifiche al riguardo, magari essere specie che possono aiutare anche contro il cambiamento climatico.

Riassumiamo alcuni punti chiave che possono contribuire a rendere l’agrivoltaico sostenibile:

  • utilizzo efficiente del suolo ottimizzando l’uso delle risorse disponibili contemporaneamente per la produzione di cibo e energia;
  • benefici ambientali nel migliorare la gestione idrica e la creazione di zone d’ombra per le colture;
  • produzione di energia rinnovabile;
  • opportunità di guadagno aggiuntivo per gli agricoltori;
  • utilizzo di tecnologie avanzate, come sistemi di monitoraggio e reti di sensori per ottimizzare le prestazioni dell’agrivoltaico, riducendo gli sprechi e migliorando l’efficienza.